In questo codice sono trascritte preghiere, benedizioni e racconti da recitare in occasione della cerimonia del matrimonio, secondo il rito in uso presso gli ebrei di Corfù. Figurano inoltre altri poemi occasionali, dei quali alcuni sono opera di poeti dell'epoca d'oro degli ebrei nella Spagna medievale, e altri sono di autori locali, come Elieser de Mordo. La preziosità del manoscritto è data dal ciclo di 60 illustrazioni a piena pagina a guazzo, corredate da versetti tratti dal libro della Genesi. Si tratta dell'opera di un artista probabilmente formatosi a Venezia, che inserisce il suo monogramma, sotto varie forme (MC, M.C. o MF), in quasi tutte le illustrazioni. Nelle pagine a fronte, senza legame diretto con le illustrazioni, sono trascritte le benedizioni e le preghiere. Poiché il libro va letto da sinistra a destra, si deve presumere che dapprima siano state realizzate le illustrazioni da parte di un artista cristiano, e che in un secondo tempo siano stati inseriti i testi in ebraico. E' stato prodotto nell'isola di Corfù nella prima metà del XVIII sec. e costituisce probabilmente un regalo di matrimonio di un membro della prominente famiglia locale dei de Mordo, famiglia che svolse un importante ruolo nell'isola all'epoca del regime veneziano contro gli attacchi ottomani.
Online dal: 18.12.2014
Il titolo di questo libro sulla circoncisione del 1716 è Libro del mistero di Dio con [il commento] "Lo scettro d'oro" che, sulla base dello stile e della scrittura del copista (Sofer), viene attribuito ad Arje ben Juda Leib di Trebitsch (Moravia), attivo a Vienna. Il manoscritto contiene molte illustrazioni di varie scene: tra le altre, sulla pagina del titolo è raffigurato un gruppo di persone in una sinagoga impegnate in una discussione. Rende interessante la scena il fatto che siano presenti non solo uomini ma anche donne. Sul secondo foglio è raffigurato l'arcangelo Raffaele con il giovane Tobia che porta a casa un pesce per guarire il padre cieco. Il motivo dell'arcangelo Raffaele quale angelo custode dei bambini appare solitamente solo nell'arte cristiana. Per questo motivo Arje ben Juda Leib potrebbe aver utilizzato un modello cattolico per meglio illustrare la funzione protettiva della circoncisione per i bambini ebrei. Per la sua scrittura Arje ben Juda si orientò ai caratteri a stampa di Amsterdam, e in questo modo introdusse la moda be-otijjot Amsterdam ("con i caratteri di Amsterdam"), cioè la realizzazione di manoscritti nello stile dei caratteri a stampa di Amsterdam.
Online dal: 19.03.2015
Il manoscritto della metà del XVIII secolo contiene, oltre al Seder birkat ha-mason («Ordine delle preghiere della benedizione del nutrimento»), la Birchot ha-nehenin («Benedizioni prima del consumo di cose»), die Schalosch mizwot naschim («Tre precetti per donne») e la Seder keri'at schema al ha-mitta («Disposizione dello schema delle preghiere per la note e prima di addormentarsi» Le parti relative ai tre precetti per le donne permettono di dedurre che il volume venne concepito come un regalo di matrimonio. Accanto all'illustrazione sulla pagina iniziale sono inoltre presenti nel volume 22 piccole illustrazioni a colori. Una formulazione ebrea sulla pagina del titolo rimanda a Deutschkreutz in Burgenland (Austria) quale luogo di origine del manoscritto. Le caratteristiche della scrittura e della decorazione permettono di attribuire il manoscritto al copista ed illustratore Aaron Wolf Herlingen.
Online dal: 18.12.2014
I salmi contenuti in questo manoscritto sono suddivisi a seconda dei giorni della settimana nei quali devono essere letti e, ad eccezione di quelli per il venerdì, queste sezioni sono introdotte da iniziali collocate in riquadri monocromi multicolori. Il manoscritto presenta nella pagina iniziale una cornice architettonica nella quale sono raffigurati Mosè ed Aaron sotto due archi. Particolarmente impressionante è la raffigurazione all'inizio del primo salmo a c. 6v dove, dopo la prima parola ashre, è raffigurato il re Davide seduto all'aperto sulla terrazza di un palazzo, intento a suonare l'arpa, mentre rivolge lo sguardo ad un volume aperto, che rappresenta probabilmente i suoi salmi. Il manoscritto Braginsky è stato copiato e decorato da Moses Judah Leib ben Wolf Broda di Třebíč, che è forse responsabile anche della decorazione del più famoso manoscritto ebraico del XVIII secolo, Haggadah Von Geldern del 1723. Oltre al salterio Braginsky, sono conosciuti altri sette manoscritti di Moses Judah Leib, prodotti tra il 1713 ed il 1723. La rilegatura in pelle di vitello macchiettata porta lo stemma della famiglia De Pinto di Amsterdam impressa in oro sia sulla coperta anteriore che su quella posteriore.
Online dal: 13.10.2016
L'anonimo inno al Creatore Perek schira è tramandato in più di cento manoscritti. I più importanti illustratori di libri ebraici del sec. XVIII hanno decorato questo inno. Questo codice fu scritto per Hertz ben Leib Darmstadt di Francoforte sul Meno e contiene delle illustrazioni a penna di Meshulam Zimmel ben Moses di Polna in Boemia, il quale però probabilmente ha confezionato il codice a Vienna.
Online dal: 18.12.2014
Questa miscellanea sul ciclo di vita ebraico, databile all'ultimo terzo del secolo XV, rappresenta probabilmente un regalo di nozze. Fu copiata da Leon ben Joschua de Rossi di Cesena. Contiene delle preghiere per la cerimonia della circoncisione, il formulario per una contratto di matrimonio da Correggio del 1452 (senza nomi), testi relativi al rito delle nozze, tra i quali un inno con l'acrostico El'asar; il contratto per un matrimonio stipulato a Parma nel 1420 tra Juda, figlio di Elchanan di Ascoli Piceno e Stella, figlia di Solomon di Mantova. Inoltre contiene preghiere per il cimitero con una apposita da recitare durante il banchetto del funerale; un rituale per evitare cattivi sogni; Ka'arat kesef, un poema etico del poeta provenzale Jehoseph ben Hanan ben Nathan Ezobi del sec. XIII e infine - aggiunto da altra mano - una preghiera personale di Moses Latif per Joab Immanuel Finzi. Immediatamente alla fine del contratto si trova la raffigurazione della coppia di sposi (f. 10v). L'acconciatura, i vestiti e il velo della sposa rimandano alla contemporanea moda ferrarese, ciò che confermerebbe che il manoscritto è di origine italiana, forse della stessa Ferrara.
Online dal: 18.12.2014
Questa Pesach Haggada con la traduzione ebraica dell'inno Had Gadya (f. 23r) fu copiata ed illustrata da Nathan ben Simson di Mezeritsch (oggi Velke Mezirici, Repubblica Ceca). Contiene tra l'altro una pagina iniziale decorata, un ciclo di illustrazioni della cerimonia della sera del Seder della festa ebraica della Pesach, nove illustrazioni al testo ed un ciclo per l'inno conclusivo Had Gadya (f. 23r).
Online dal: 18.12.2014
Il manoscritto contiene il testo del Massekhet Purim, una parodia del Purim dell'autore e traduttore provenzale Kalonymus ben Kalonymus (Arles 1286- dopo il 1328). Nato ad Arles nel 1286 scrisse la sua opera a Roma all'inizio degli anni 20' del XIV secolo - egli imita con umorismo il testo e lo stile del Talmud, trattando del mangiare, bere e ubriacarsi durante questa festa. Le illustrazioni includono figure di arlecchini, un musicista di strada e sette carte da gioco distribuite a formare un trompe l'œil, genere solitamente molto raro nei mss. ebraici. Il codice è stato realizzato ad Amsterdam nel 1752, in un'epoca nella quale questo testo godette di grande interesse presso la comunità ebraica aschkenazita.
Online dal: 18.12.2014
Il manoscritto costituisce un capolavoro del miniatore Aaron Wolf Herlingen, un artista nato a Gewitsch in Moravia intorno al 1700, che ha operato tra gli altri a Pressburg (oggi Bratislava) e Vienna, e di cui oggi sono conosciuti più di quaranta manoscritti da lui firmati. La decorazione consiste in 60 illustrazioni a colori e tre iniziali decorate. Nella pagina iniziale il testo del titolo è affiancato dalle figure di Mosé e Aaron, e nella parte inferiore è raffigurato l'episodio della marcia nel deserto e della caduta della manna in presenza di Mosé, Aaron e della sorella di questi Miriam. L'inusuale presenza della figura di Miriam lascia supporre che il manoscritto fosse destinato ad una donna. Alla fine del testo sono trascritti i due canti - uno ebraico, l'altro aramaico Echad mi-jodea e Had Gadya - con la rispettiva traduzione in lingua yiddish.
Online dal: 18.12.2014
La Haggadah di Hijman Binger è un tipico esempio dell'arte dei manoscritti ebraici del Norde e del Centroeuropa della fine del XVIII e dell'inizio del XIX secolo. Cicli di immagini fanno da sfondo al contenuto scritto. Le illustrazioni mostrano della somiglianze con le tarde Haggadot di Joseph ben David di Leipnik, come quella del 1739 (Braginsky Collection B317) e lasciano presupporre che un'altra Haggadah di questo artista sia servita da modello a Hijman Binger. Un'ulteriore rarità del manoscritto è costituita da una carta della Terra Santa che è stata aggiunta alla fine (f. 52).
Online dal: 19.03.2015
Questo libricino di poche pagine contiene il Mohel: il cerimoniale per il rito della circoncisione. Una nota sulla pagina iniziale spiega trattarsi di un regalo di Mendel Rosenbaum per il cognato Joseph Elsas di Nitra, oggi cittadina nella repubblica Slovacca ma in passato ungherese. E' firmato da Leib Sahr Sofer e presenta nella decorazione analogie con varie opere eseguite dal più importante calligrafo ed illustratore operante a Nitra all'inizio del XIX secolo, Mordechai ben Josel, conosciuto anche col nome di Marcus Donath. La pagina finale presenta un calligramma con la figura di Mosé che in una mano regge le tavole delle leggi e con l'altra mostra il Pentateuco.
Online dal: 18.12.2014
Il codice è stato copiato da Elieser Sussman Meseritsch e illustrato da Charlotte Rothschild (1807-1859) e contiene, oltre al testo in ebraico, una traduzione in tedesco. La Haggadah venne realizzata dall'artista per il settantesimo compleanno dello zio Anschel Mayer Rothschild. Si tratta dell'unico manoscritto ebraico finora conosciuto che sia stato miniato da una donna. Charlotte Rothschild si ispirò ad opere sia ebraiche che cristiane, come per es. manoscritti medievali, il ciclo biblico dipinto da Raffaello nelle Logge del Vaticano e le stampe contenute nella Haggadah stampata ad Amsterdam del 1695. In una sola immagine, la scena del Seder della festa di Pesach, Charlotte Rothschild ha lasciato sullo sfondo le sue iniziali nello schienale di una sedia (p. 42). Il manoscritto servì forse da modello al famoso pittore Moritz Daniel Oppenheim (1800-1882). Nelle sue memorie egli ricorda di aver eseguito, da studente, degli schizzi per Charlotte Rothschild.
Online dal: 19.03.2015
Splendido manoscritto contenente il testo della Haggada nel quale ogni pagina è decorata con ricche bordure costituite da elementi floreali e da decorazioni a penna che delimitano lo spazio dedicato alla scrittura, realizzate prevalentemente con oro e blu di lapislazzulo. Stilisticamente la decorazione è fortemente orientata alla miniatura persiana, soprattutto alle opere della scuola di Schiraz dell'epoca tra il 1560 ed il 1580. L'esecuzione dell'opera viene attribuita a Victor Bouton nato nel 1819 in Lotaringia e attivo a Parigi quale disegnatore, pittore di stemmi e incisore. L'attribuzione si basa su di un analogo lussuoso codice firmato dall'artista e commissionatogli da Edmond James de Rothschild per la madre, e su di una nota biografica che ricorda che l'artista ricevette da un ricco ebreo l'enorme somma di 32'000 franchi d'oro per una Haggadah. L'unica scena (f. 1v) presente nel ms. illustra la festa della prima sera della Pesach nella quale un gruppo di cinque uomini e due donne, in abiti orientali, è seduto al tavolo di Seder mentre il padrone di casa benedice il vino.
Online dal: 19.03.2015
Questa Haggadah è stata illustrata nel 1739 da Joseph ben David di Leipnik, e prima che giungesse nel 2007 nella collezione Braginsky, non se ne aveva notizia. Come la maggior parte delle Haggadot dell'epoca, anche questo esemplare prende a modello le incisioni delle Haggadot di Amsterdam a stampa del 1695 e del 1712. Le caratteristiche delle illustrazioni di Joseph ben David, le cui opere sono ben conosciute, vengono rese in maniera esemplare. Nella gamma dei colori dominano le tinte e le gradazioni pastello. Tra i motivi ricorrenti nelle sue Haggadot, e che si rifanno a modelli precedenti, figurano le raffigurazioni del capretto della Pesach, il pane Matzah e le erbe amare. La loro consumazione è una parte della festa della Pesach, durante la quale tradizionalmente si effettua una lettura comune della Haggadah.
Online dal: 19.03.2015
Il sottile libricino, adorno di una legatura con impressioni dorate, contiene le preghiere per la festa della sera che precede il Novilunio, e venne commissionato da Elieser (Lazzaro) von Geldern a Vienna. La pagina del titolo mostra, secondo le convenzioni, Mosé e Aronne. Il copista ed artista Nathan ben Simson di Meseritsch (Velké Meziříčí) in Moravia, era nella prima metà del XIX secolo uno tra i più prominenti illustratori di manoscritti ebraici. Tra il 1723 ed il 1739 egli creò almeno 23 opere del genere.
Online dal: 20.12.2016
Questo minuscolo libro contiene la benedizione del nutrimento, con le consuete aggiunte per Chanukkah e Purim, così come varie benedizioni, quali per esempio la preghiera Shemà da recitare prima di coricarsi, o prima di gustare determinate cose. Presenta una pagina del titolo illustrata, 19 illustrazioni singole, cinque riquadri decorati contenenti singole lettere o iniziali ed un passaggio del testo decorato. Nella pagina del titolo l'artista non ha inserito il suo nome ma comunque annotato che il manoscritto venne terminato nel 1725, sotto il regno dell'imperatore Carlo VI a Nikolsburg (Cechia). Così come altre Birkat ha-mason, anche questa venne redatta per una donna. In un foglio di guardia iniziale inserito in un secondo momento è contenuta, in un ricco ornamento, la dedica a Fradche, moglie di Mosé Gundersheim. Grazie al confronto della scrittura e dell'illustrazione di un'opera simile del 1728 conservata nella Kongelige Bibliotek di Copenaghen (Cod. Hebr. XXXII) si può affermare che entrambe i manoscritti con la Birkat ha-mason sono stati eseguiti dal medesimo artista, cioè Samuel ben Zewi Hirsch Drenitz, che era attivo a Nikolsburg.
Online dal: 20.12.2016
L'Università di Padova fu fino al 1880 il più importante centro per gli studenti ebraici, mentre l'Università di Bologna non inseriva nelle matricole gli Ebrei. Il diploma di dottorato costituiva il 'biglietto d'entrata' per i medici ebraici nella moderna società formata da nobili e borghesi. L'Università di Padova rilasciava ai suoi diplomati un documento in latino redatto a mano e decorato. Nella pagina iniziale del diploma per Israel Baruch Olmo figura lo stemma della famiglia Olmo: un olmo affiancato da una fontana zampillante e dallo stelo di un cereale.
Online dal: 20.12.2016
Questo minuscolo libro di preghiere costituisce lo speciale risultato del lavoro in comune di due dei più importanti rappresentanti viennesi dell'arte ebraica del XVIII secolo. Aaron Wolf Herlingen scrisse ed illustrò la pagina del titolo, Meschullam Simmel ben Moses di Polná realizzò il resto dei disegni e molto probabilmente copiò i testi con le preghiere. Evidentemente il libriccino costituiva un regalo di nozze. Contiene in totale nove illustrazioni al testo e quattro parole iniziali riccamente decorate. Il libro di preghiere appartenne alla "rispettabile e saggia giovane Hindl". Nel manoscritto si leggono anche delle annotazioni riguardanti la nascita dei suoi bambini tra il 1719 ed il 1741.
Online dal: 20.12.2016
Nel corso dei più di 650 anni dall'allestimento, questo manoscritto della Mishneh Torah, una raccolta di leggi ebraiche di Mosè Maimonide, è passato in molte mani. Diverse annotazioni e citazioni fanno pensare che molti importanti rabbini ashkenaziti abbiano potuto utilizzarlo, come per es. Jakob Weil, un famoso erudito e rabbino del XV secolo attivo a Norimberga, Augusta, Bamberga ed Erfurt. Come si può dedurre da note di possesso più tarde, il manoscritto giunse in regioni anche molto lontane tra loro, come l'impero ottomano, il Kurdistan, l'Inghilterra o Gerusalemme. La pagina 1021 mostra un'immagine a piena pagina con l'architettura di un portale in stile gotico. Due sottili colonne, allungate manieristicamente, reggono un timpano decorato con tralci floreali su fondo blu nel quale si legge il nome del capitolo Sefer schoftim ("Libro dei Giudici") in caratteri dorati. Vi sono anche cinque medaglioni, due dei quali contengono il profilo di due uccelli rapaci in posizione di attacco.
Online dal: 22.03.2017
Fino al momento dell'acquisizione da parte della collezione Braginsky, questo libretto con la birkat ha-mason del 1741 era sconosciuto alla ricerca. Palesemente si tratta di un dono di nozze, dedicato da una donna. Oltre alla pagina con il titolo, con una cornice architettonica e le figure di Mosé e di Aronne, vi sono sei altre illustrazioni nel testo, tra le quali una rara raffigurazione di una donna solo parzialmente immersa in un bagno rituale (12v), oppure una più convenzionale rappresentazione di una donna intenta a leggere lo Shemà prima di coricarsi (17r). Questo libricino è stato copiato ed illustrato da Jakob ben Juda Leib Schammasch di Berlino. Si tratta di uno dei più produttivi artisti ebraici di manoscritti conosciuti della Germania del nord.
Online dal: 20.12.2016
Nell'epoca nella quale venne allestita questa ketubah la maggior parte del commercio al dettaglio di Gibilterra era nelle mani della locale comunità sefardita; molti dei suoi membri provenivano dal vicino Nord Africa. Questo contratto appartiene ad un primo periodo della locale decorazione delle ketubah, nonostante alcuni elementi già facciano intuire lo sviluppo più tardo. Nella parte superiore sono raffigurati, schiena contro schiena, due leoni accovacciati che portano sulle spalle le tavole con i Dieci Comandamenti abbreviati. La composizione ricorda la parte superiore di uno scrigno della Torah, ed è infatti chiuso in alto da una corona, da intendere quale corona della Torah. I leoni accovacciati sono affiancati da vasi di fiori. Nei bordi, al di sotto di tende da teatri e trombe appese a dei nastri, sono dipinte delle urne collocate su delle fantasiose basi di colonne. Molti elementi in questo contratto di matrimonio sono tipiche delle ketubbot di Gibilterra. La prima parola, mercoledì giorno del matrimonio, è come d'uso ingrandita e decorata. Pure tipico è il monogramma eseguito con lettere latine in basso al centro. Le iniziali SJB rimandano ai nomi (Salomone, Giuditta) e ai cognomi (Benoleil) dei due sposi.
Online dal: 22.03.2017
Questo contratto di matrimonio fu allestito nella città portuale adriatica di Ancona, dove risiedeva una delle più importanti comunità ebraiche italiane, e che era anche uno dei più rinomati centri di produzione di ketubbot. La scena principale al centro in altro raffigura il profeta Elia che sale in cielo con il carro di fuoco, mentre il suo meravigliato allievo Eliseo lo guarda dal basso. La scena prende spunto dal primo nome dello sposo, Elia Mordecai, figlio dello scomparso Juda Macerrata. Gli altri due episodi biblici sono inseriti in cartigli ai lati. A destra la scena del trionfo di Mordecai, che rimanda al secondo nome dello sposo, e a sinistra la scena con Davide che tiene la testa di Golia, un riferimento a Davide Camerino, padre della sposa Tova, figlia di Davide, figlio di Abramo Abdiah Camerino di Senigallia.
Online dal: 22.03.2017
La tradizione di far allestire dei contratti di matrimonio illustrati venne ripresa all'inizio del XVII secolo ad Amsterdam sotto influsso dei pittori di ketubah italiani. Verso la fine degli anni '60 del XVII secolo il famoso incisore Salom Italia creò una cornice di rame incisa per le ketubbot della comunità spagnola-portoghese, ciò che d'altra parte ispirò un artista locale anonimo ad eseguire questa versione del 1668 modificata. Questa cornice decorò le ketubbot sefardite prodotte ad Amburgo, Bayonne, Londra, New York e Curaçao per più di duecento anni. Il testo calligrafico commemora il matrimonio di un conosciuto medico sefardita, Daniel Zemach Aboab.
Online dal: 22.03.2017
Questa ketubah decorata, così come la K29 della collezione Braginsky prodotta sei anni prima, rappresenta il massimo punto raggiunto dalla produzione di ketubbot illustrate ad Ancona. Il testo è centrato sotto un arco sorretto da due colonne decorate. Mentre negli esemplari più antichi di ketubbot conosciute provenienti dalla località egiziana di Geniza era normale utilizzare degli archi quali elementi della cornice, le lettere dorate iscritte nei pennacchi aggiungono un altro significato. Le sei lettere ebraiche, un acronimo del salmo 118.20: «È questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti», rimandano all'idea che gli sposi simbolicamente entrino in una fase della loro vira attraverso la porta celeste. Nel cartiglio al centro in alto è raffigurato il sacrificio di Isacco, un riferimento al secondo nome dello sposo. La scena, simbolo della fedeltà e della promessa messianica, e che appare in molte ketubbot italiane, nel corso del tempo è diventata uno dei motivi più amati dell'arte ebraica. Non è stata ancora identificata la figura femminile in basso.
Online dal: 22.03.2017
L'ornamentazione di questa ketubah, che ricorda l'unione di due importanti famiglie del ghetto romano, i Toscano e i Di Segni, ben rappresenta l'età d'oro della decorazione delle ketubbot a Roma. La cornice decorativa è suddivisa in un bordo interno ed uno esterno. I margini laterali del testo sono decorati da campi con fiori e fondo dorato. Nella cornice esterna, delle iscrizioni micrografiche incrociate realizzano delle superfici a forma di diamante, ciascuna delle quali contiene un grande fiore. L'intero impianto dei bordi interni ed esterni è circondato da piccole lettere quadrate ebraiche, che tutte insieme riproducono il quarto capitolo del libro di Ruth.
Online dal: 22.03.2017
Le ketubot (sing. ketubah) romane, contratti di matrimonio ebraici, si distinguono solitamente per la elegante grafia, i disegni decorativi e la presentazione attraente. I temi decorativi più popolari includono episodi biblici, rappresentazioni allegoriche e raffinati disegni micrografici. Il testo del contratto di questa ketubah della collezione Braginsky è circondato da una cornice architettonica che comprende un paio di colonne marmoree attorcigliate da foglie dorate e sormontate da capitelli corinzi. Sopra l'arco sostenuto dalle colonne trova posto un largo cartiglio. Vi si intravvede un paesaggio pastorale con un uomo che indossa una lunga veste ed una donna con il petto nudo, uniti da una lunga catena di perle con un pendente a forma di cuore che corre intorno ai loro colli. Il rimando all'armonia famigliare è rafforzato dagli emblemi delle famiglie che appaiono affiancati in un cartiglio sopra all'immagine allegorica centrale. L'emblema a destra, raffigurante un leone eretto che si arrampica su un albero di palma, è quello della famiglia dello sposo, i Caiatte, mentre quello a sinistra, raffigurante un leone eretto accanto ad una colonna bianca, appartiene alla famiglia della sposa, i De Castro. Infine, l'influsso della cultura italiana è evidente nel cartiglio in basso dove è dipinto Cupido sdraiato con accanto un arco e delle frecce.
Online dal: 13.10.2016
La comunità ebraica di Casale Monferrato contava nel XVII secolo tra i 500 e i 600 membri. La vedova Giuditta Leonora, figlia di Abramo Segre, e Mosè, figlio del defunto Isacco Katzighin, gli sposi menzionati in questo contratto di nozze, appartenevano entrambi alle famiglie più ricche di questa comunità. Il contratto è circondato da una cornice ornamentale. Quella ovale interna, che contiene sei rosette dorate, è decorata con fiori. I segmenti del bordo contengono i quattro elementi aristotelici (aria, acqua, fuoco e terra) nei medaglioni più grandi, e i dodici segni zodiacali sono mostrati in senso antiorario nei medaglioni più piccoli. Nella cornice esterna si alternano ornamenti ad anello dorato quali simboli dell'eterno «nodo d'amore», i cartigli nei quattro angoli mostrano allegorie delle quattro stagioni. Si aggiungono raffigurazioni dei cinque sensi. Il decimo cartiglio in alto non è dipinto e probabilmente avrebbe dovuto contenere l'emblema di famiglia.
Online dal: 04.10.2018
Questa ketubah caraita è scritta, al contrario dei tradizionali contratti di matrimonio rabbinici, interamente in ebraico ed è costituita da due parti: schetar nissu'in e schetar ketubah. Il matrimonio caraita cui si riferisce questa ketubah venne celebrato nella importante comunità di Qirq-Yer in Crimea. Le due parti del testo sono inserite in una cornice dorata nella quale si trovano dei fiori. Secondo la tradizione di molte ketubah sefardite, italiane ed orientali, le parole iniziali sono decorate e nella cornice interna sono inseriti dei passaggi biblici. In questa ketubah la lista della dote è più lunga di quella dell'atto di matrimonio nella prima sezione. In conformità con le usanze caraite, alla firma del contratto sono stati invitati molti testimoni (qui 12).
Online dal: 20.12.2016
Il contratto di matrimonio documenta gli impegni presi all'atto del fidanzamento tra i due Samaritani Temima, figlia di Isacco, figlio di ha-Levi Amram e Abramo, figlio di Giuseppe Denufta (ha-Dinfi). I Samaritani adottarono questa usanza rabbinica nonostante si riferiscano solo al Pentateuco, riconoscano solo Mosè come profeta e la Torah non prescriva che i diritti della moglie siano garantiti da una ketubah. Essi fanno affidamento sull'Esodo 21.9 e 22.16, dove si accenna ad una sorta di dote. La lingua è un ebraico samaritano in scrittura samaritana, che ricorda l'antica scrittura ebraica. Secondo l'interpretazione rigorosa del secondo comandamento, la ketubah è decorata unicamente con motivi floreali e geometrici in colori vivaci.
Online dal: 04.10.2018
La comunità ebraica sulla «Roccia britannica di Gibilterra» ha raggiunto il suo apice nel XIX secolo. All'epoca in cui fu prodotto questo contratto di matrimonio (ketubah), la maggior parte del commercio al dettaglio di Gibilterra era nelle mani della comunità sefardita locale. Nel corso della seconda metà del XIX secolo Gibilterra sviluppò un suo caratteristico tipo di decorazione per i contratti di matrimonio, realizzati su dei grandi pezzi di pergamena decorati con colori vivaci. Questa ketubah, di cui una copia identica, ma posteriore, è conservata nel Museo di Israele a Gerusalemme (Inv. B72.1066 179/244H, vedi Sh. Sabar, Mazal Tov: Illuminated Jewish Marriage Contracts from the Israel Museum Collection, Jerusalem: The Israel Museum, 1993), è incorniciata ai lati da una ghirlanda di fiori, un lussuoso nastro rosso in basso e sormontato da una corona, che ricorda quella della Torah, nonostante questa sia modellata sulla corona reale britannica. Altri tre motivi tipici di queste ketubbot da Gibilterra sono la parola iniziale del tradizionale giorno delle nozze ebraiche a Gibilterra, mercoledì (ברביעי), ingrandita in lettere d'oro. La somma della dote e dell'incremento è un fattore di diciotto, un numero che è anche la parola propizia «Ḥai» (חי) - 'vita', scritta qui in lettere monumentali che risaltano sul piccolo corsivo del resto della scrittura, e infine il monogramma ornamentale in lettere latine situato in basso al centro, composto da E C B, che si riferisce alla prima (Elido e Jimol) e all'ultima iniziale della coppia di sposi (Ben Atar/ Benatar). Elido (אלידו), figlio di Isaia, figlio del defunto Ḥaim, chiamato Ben Atar (בן עתר) sposa Jimol (ג'ימול), figlia di Giuseppe, figlio del defunto David, chiamato Qazes (קאזיס). La dote è di 600 Pesos Fuertes (פיזוס פואירטיס) in abbigliamento, gioielli e biancheria da letto ,cui si aggiungono 600 Pesos Fuertes in regalo, cui si aggiunge un pezzo di terra di 400 cubiti e altri 600 Pesos Fuertes; l'obbligo totale è di 1800 Pesos Fuertes.
Online dal: 18.06.2020
I due sposi menzionati in questo documento, Dona Sara, figlia di Giacomo Guttieres Pegna (Peña) e Davide, figlio del defunto Beniamino Racah (o Raccah) provenivano entrambi da una ricca famiglia della comunità sefardita di Livorno. Nella ketubah sono elencati, come di consueto, la dote e il supplemento. Si trattava di una casa in Piazza delle Erbe del valore di 907 piesas, 6 solios e 10 dinaros da ocho reali di Spagna, più 150 piesas in contanti e un supplemento costituito dalla metà della dote. La ketubah, insolitamente grande, è ornata da un motivo ad intrecci in stile «nodo d'amore», viticci di fiori, una coppia di uccelli e due putti alati con un cartiglio vuoto, per l'emblema di famiglia.
Online dal: 04.10.2018
Il contratto di matrimonio tra Abramo, figlio dello scomparso Gionata Giuda Finzi e la sposa Ricca, figlia di Gedalja Senigaglia (Senigallia) prevede una dote di 1'800 pezze da ocho reali (1200 in contanti, 300 in gioielli d'oro, gemme e perle, 300 in vestiti e biancheria da letto e un supplemento di 360 pezze). Nella parte inferiore della ketubah il testo è inserito in un'architettura a doppio arco. La parte superiore è dipinta come un cielo azzurro con piccole stelle dorate. Sulle nuvole riposa l'allegoria della Fama, che annuncia con la tromba il «buon nome» dello sposo.
Online dal: 04.10.2018
Come in altre ketubbot (vedi K69 e K96), è stata riutilizzata una cornice più antica, creata 70-80 anni prima per un contratto di matrimonio. Nella raffigurazione architettonica dell'arco sono presenti 13 scene figurative, tutte dedicate alla storia biblica delle nozze di Isacco e Rebecca. È molto probabile che la ketubah originale fosse destinato ad una coppia di sposi con questi nomi. La serie delle scene inizia in alto a destra con il sacrificio di Isacco, cui seguono altre scene in senso orario. Al di sopra Cupido collega i due emblemi di famiglia con un nastro dorato. Una «corona del buon nome» sovrasta la scena.
Online dal: 04.10.2018
La ketubah creata ad Essaouira dall'artista David Nissim Elkaïm (si vedano le iniziali a lettere latine in basso a sinistra) attesta il matrimonio tra Salomone, figlio di Giosuè, figlio di R. Abraham Machluf ha-Levi Ben-Susan e Freha, figlia di Machluf, figlio di Masoud, figlio di Neftali, nipote di Juda Afriat, entrambi di famiglia sefardita. Sono numerose le caratteristiche che rimandano a questa origine: il materiale di scrittura (pergamena), la posizione della donna, l'invocazione a Dio per la vendetta per l'espulsione degli ebrei dalla Spagna, lo stile europeo della decorazione della cornice, fino al monogramma latino del nome della sposa.
Online dal: 14.12.2018
David, figlio di Daniel Coelho Enriques (o Henriques) e Dona Rachel, figlia di Abraham Enriques Da Costa, appartenevano a famiglie di rifugiati religiosi provenienti dalla Spagna e dal Portogallo, rifugiatesi per motivi religiosi nella città atlantica di Bayonne, nel sud della Francia. Come altre ketubbot sefardite, il contratto di matrimonio non contiene rappresentazioni figurative, ciò che le distingue da quelle italiane o di Amsterdam. Il netto contrasto tra l'inchiostro scuro e la pergamena bianca, i puntini e i fini tratteggi danno l'impressione che si tratti di un'incisione su rame. I versi, scritti in elegante scrittura sefardita quadrata, contengono lodi alla sposa e allo sposo.
Online dal: 14.12.2018
In questo contratto di matrimonio del 1722 tra Jischai (Jesse) Chai, figlio di R. Samuel Pesach e Beracha Tova, figlia di R. Jesaja Modena, l'artista combina in modo convincente elementi decorativi dell'arte italiana con simboli e motivi ebraici. Nella decorazione sono inserite in scrittura micrografica innumerevoli citazioni bibliche riguardanti le nozze e gli ideali del matrimonio.
Online dal: 14.12.2018
Come nella Ketubah di Padova del 1828 (K76) è stata utilizzata una cornice più antica. Gli emblemi di famiglia non hanno quindi alcun legame con la sposa e lo sposo, Nathan Salomon, figlio di Jakob Samuel le-vet Montel e Bella Rosa, figlia di Mosè le-vet Baruch (De Benedetti). È anche probabile che non provenga da Alessandria ma da una località più lontana, forse Lugo o Ancona. La cornice decorativa interna contiene un nastro a forbicicchio incollato su tessuto verde. La cornice esterna dipinta è decorata con fantasiosi ramoscelli fioriti, medaglioni e vignette. Sulle strisce laterali e inferiori si trovano i segni zodiacali.
Online dal: 14.12.2018
Il matrimonio tra Josua, figlio di Isaak Chajjim Recanati, e Dona Esther Sara, figlia di Raphael Recanati, costituiva un'unione tra due ramificate, benestanti ed influenti famiglie sefardite. Il testo stesso della ketubah è redatto in un documento dipinto in maniera illusionistica nella colonna di destra e le condizioni nella colonna di sinistra. Il tutto è circondato da una architettura rococò a prospettiva centrale. L'emblema della famiglia è fiancheggiato da due amorini. Il nome dello sposo è onorato con un medaglione nel quale Josua ordina al sole di fermarsi (Gs 10:12-13). Due figure femminili reggono i due lati di uno striscione dorato nel quale figura la scritta «Andate e moltiplicatevi».
Online dal: 10.10.2019
Questa ketubah per la coppia di sposi Joseph Baruch, figlio di R. Schabettai Moses Salman e Rachel, figlia di R. Jom Tov Sanguinetti, testimonia l'alto livello raggiunto dalle comunità piemontesi nel campo dell'arte ebraica. I disegni sono realizzati in verde e oro. Nella parte centrale si distende una massiccia architettura trionfale con doppie colonne che sovrasta il campo che contiene il testo del contratto. Due putti suonano le fanfare su supporti mobili, i dodici segni zodiacali e le raffigurazioni di uccelli nel campo superiore decorato sono ritagliati da incisioni ed incollati sulla ketubah, e infine riempiti con un po' di colore. Nell'architrave dell'arco di trionfo è raffigurata la silhouette della Gerusalemme risorta, realizzata con calligrammi.
Online dal: 10.10.2019
Il contratto celebra il matrimonio di Mosé, figlio di Giuda, e di Ester, figlia di Isacco, che ebbe luogo nel 1900 a Cochin (Kochi) nel sud dell'India. Gli ebrei di Cochin, oggi poco numerosi, si dividono, seguendo il sistema delle caste indiane, in tre gruppi: i Malabari (o ebrei neri) – che traggono il loro nome dalla costa indiana del Malabar –, dei mercanti che si ritengono discendere da re Salomone, i Paradesi (o ebrei bianchi) arrivati nel Kerala in epoca coloniale, e i Meshuhrarim, che sono degli schiavi dei mercanti ebrei, convertiti ed in seguito liberati. La comunità ebraica di Cochin si è distinta in numerosi campi artistici, in particolar modo nella realizzazione di ketubbot. Questo esemplare è tipico della produzione indiana in quanto è diviso in due parti: le benedizioni ed i versetti biblici, scritti in scrittura quadrata, occupano la parte alta del documento, mentre quella in basso contiene il contratto di matrimonio propriamente detto, copiato in semicorsiva. L'insieme della decorazione, costituita da eleganti rami frondosi dipinti in oro (qualche foglia in giallo), inquadra e valorizza i testi con i suoi effetti brillanti e scintillanti.
Online dal: 18.06.2020
Il contratto riguarda il matrimonio di Salomone, figlio di Abramo, con Rachele, figlia di Elijahu. La somma della dote consiste in 26.000 «Löwen»-piastre. La ketubah appartiene ad una tipologia particolare che fu coltivata a Gerusalemme dagli anni '30 fino agli anni '60 del 1800. Come in altre rappresentazioni, decorazioni floreali a colori freschi incorniciano la parte inferiore del testo (con le firme degli sposi al centro e i monogrammi riccamente decorati dei due rabbini di Gerusalemme) e la larga fascia superiore del timpano. Al centro della fascia del timpano è un mazzo di fiori in vaso, a sinistra e a destra dei quali ci sono cipressi e palme da datteri, che collegano il presente di Gerusalemme con la Gerusalemme della promessa.
Online dal: 10.10.2019
La coppia di sposi Salomone, figlio di Giacomo Visino, e Dina (Gracia), figlia di Samuele Cordovero, apparteneva alla grande comunità ebraica degli ebrei sefarditi che vivevano nel fiorente, cosmopolita e multietnico porto di Livorno, dove godevano di generosi privilegi attribuiti loro dai Medici, compresa la piena libertà religiosa. Il testo è collocato in un'architettura a forma di portale barocco tra due colonne doppie. Il testo del matrimonio a destra è stato scritto in caratteri quadrati sefarditi, le condizioni a sinistra in corsivo, confermate dallo sposo (in italiano) e dal padre della sposa (in spagnolo). Sopra la balaustra due putti reggono un cartiglio con l'emblema della famiglia Visino. Al di sotto è dipinto un medaglione incorniciato dallo zodiaco, Re Salomone, che accoglie con grande gioia la Regina di Saba.
Online dal: 10.10.2019
Gli sposi Menachem, figlio del defunto R. Samuele Paliano, e Angelica, figlia di Mosé Paliano, appartenevano ad una delle famiglie ebraiche più rispettate e ricche di Roma, come dimostra la dote di 2500 scudi in contanti e un premio di 500 scudi. Piccoli viticci di rose e fiori, così come uccelli volanti e seduti sono disposti intorno a due campi ovali disposti in modo concentrico. L'emblema di famiglia dei Paliani (o Pagliani) si erge al di sopra e al di sotto del grande ovale. In quello interno, il contratto di matrimonio è scritto in oro con caratteri quadrati. L'ovale esterno è decorato con accurate e complete copie dei libri Cantico dei cantici, Ecclesiaste e Ruth, versetti tradizionali e benedizioni dalla Bibbia. Questa calligrafia è artisticamente formata da nastri intricati e motivi a labirinto. Il leopardo, l'aquila, il cervo e il leone simboleggiano le virtù alle quali, secondo la Pikei Avot 5:23 (Capitoli dei Padri) gli Ebrei devono essere fedeli.
Online dal: 12.12.2019
Questa ketubah indiana è caratterizzata da motivi che gli ebrei Baghdadi hanno portato in India dall'Iraq. I testi, trascritti in due campi adiacenti, assomigliano, ad esempio, a nicchie di preghiera islamica. In fondo è riportato il contenuto del contratto, che testimonia che Zalich, figlio di Ezechiele Mosé, sposò Rebecca, figlia di Benjamin Elija Jakob, che portò una dote di 3'195 rupie in gioielli d'oro e d'argento, vestiti e biancheria da letto. Con il supplemento dello sposo venne presumibilmente raggiunta una somma totale di 5'555 rupie. In una bordura si alternano fiori e uccelli e sopra due tigri reggono un medaglione con un'iscrizione. I due pesci che si fronteggiano simboleggiano felicità e fertilità per la coppia di sposi. Un piccolo, terzo pesce nel mezzo probabilmente si riferisce alla progenie sperata.
Online dal: 12.12.2019
La promessa di matrimonio tra Wilhelm Goldstein e Paula See a Shanghai viene fatta davanti ai due testimoni Max Neumann e Gustav Lehmann, e davanti a Bernhard Cohn, l'avvocato della comunità ebraica della «Communal Association of Central European Jews. Shanghai» in lingua cinese. A differenza degli altri contratti di matrimonio della collezione Braginsky, questo non è un documento religioso ebraico ma un atto ufficiale che registra il consenso a sposarsi di una coppia fuggita dalla persecuzione dei paesi di lingua tedesca. A Shanghai hanno trovato rifugio ca. 18.000 ebrei sopravvissuti all'olocausto.
Online dal: 12.12.2019
Questo rotolo di Ester italiano, risalente alla metà del XVIII secolo, venne probabilmente stampato a colorato a mano a Venezia. Si conserva in una custodia cilindrica, decorata con motivi floreali a filigrana, che costituisce un prodotto tipico della lavorazione più tarda e raffinata del metallo di Giannina.
Online dal: 20.12.2016
La storia di Ester in questa megillah (pl. megillot) non viene presentata come un dramma storico ma piuttosto come una satira divertente. Nella decorazione del rotolo viene colto il carattere della vita ebraica alsaziana: le bizzarre immagini includono figure contadine in vivaci costumi locali e riflessi di umorismo popolare. Vivaci figure, alcune mostrate mentre passeggiano con un bastone in una mano e mentre gesticolano con l'altra, sono intercalati da busti umani e civette, mentre il testo ebraico è collocato in una cornice ottagonale di ca. 6 cm di altezza. Le poche megillot alsaziane conosciute condividono con questa numerose caratteristiche quali una vasta gamma di gialli, rossi e verdi; solide e robuste figure e grandi fiori vivaci. In questo rotolo di Ester della collezione Braginsky le donne vestono abiti rossi o blu con lacci gialli davanti, mentre gli uomini sono raffigurati mentre indossano, tra gli altri, dei tradizionali collari bianchi, giubbotto rosse e blu con pantaloni, ed una grande varietà di cappelli.
Online dal: 13.10.2016
Questa megillah è abbellita da disegni di architettura dipinti a mano che si ripetono. Il testo è collocato tra colonne alternate diritte e a spirale. Gli ebrei italiani associavano le colonne ritorte a quelle del Tempio di Salomone, che essi credevano essere stato portato a Roma da Tito e poi collocato nella basilica di S. Pietro in Vaticano. Per quanto riguarda lo stile, il rotolo ricorda le ketubbot miniate prodotte a Ferrara e Mantova. Allegato vi è un foglio di pergamena contenente, in aggiunta alle benedizioni, un inno liturgico, korei megillah, recitato dagli ebrei italiani. I rabbini non concordavano sul fatto che un rotolo potesse contenere dei testi estranei al Libro di Ester, così che in molte comunità questo portò alla consuetudine di allegare un foglio, staccato, contenente le tre tradizionali benedizioni da recitare prima della lettura della megillah.
Online dal: 22.03.2017
I bordi di questo Rotolo di Ester sono dominati da una arcata barocca suddivisa da quattro distinte colonne con vari motivi. Le arcate sono sormontate da una balaustrata che sostiene dei vasi con fiori, dei medaglioni vuoti, ornamenti floreali e diverse varietà di uccelli, tra i quali un'aquila a due teste coronate ed un pavone. Al di sotto di ognuna delle diciannove colonne di testo sono collocate scene dalla vita di Ester. La cornice incisa del rotolo fu disegnata da Francesco Griselini (1717-1787), studioso, artista ed editore italiano le cui incisioni di bordi divennero molto popolari in Italia nel XVIII secolo. In queste illustrazioni Griselini ha dedicato particolare attenzione all'architettura ed alla prospettiva spaziale. La firma a stampa dell'artista si legge nell'angolo inferiore sinistro di ciascuna pergamena. L'ultima scena, collocata sotto l'arco finale, si trova raramente nei Rotoli di Ester. Raffigura il Messia che cavalca un asino rappresentante il ritorno a Gerusalemme del popolo ebraico in esilio. Il testo del rotolo fu scritto dall'abile artista-copista Aryeh Leib ben Daniel. Nella sua iscrizione finale, al termine delle benedizioni conclusive, egli informa il lettore di aver scritto il codice a Venezia nell'inverno 1746.
Online dal: 22.03.2017
Questo rotolo olandese, riccamente illustrato, si distingue per le sue 38 delicate illustrazioni disegnate con inchiostro di seppia. La decorazione del rotolo inizia con un arco trionfale che ricorda gli archi di trionfo romani costruiti per i festeggiamenti imperiali in tutta Europa nel corso del XV fino al XIX secolo. Il rotolo contiene inoltre alcune rappresentazioni inusuali. Una è quella di Mordecai che si trova in un locale davanti ad una parete riempita di libri. Egli è raffigurato come uno studioso, e riflette forse la tradizione rabbinica che ci informa della sua notevole conoscenza di settanta lingue, ciò che lo aiutò a smascherare il complotto contro Assuero. Un'altra inusuale illustrazione è la raffigurazione di due nani che danzano e suonano per manifestare la loro gioia per la salvezza degli ebrei dalla distruzione.
Online dal: 22.03.2017
Questa megillah del XVIII secolo fu realizzata nella Bassa Sassonia e rimanda, con questo tipo di arte decorativa popolare, di decorazione e di scelta di colori, ad altre megillot provenienti da questa regione. L'immagine più distintiva nel rotolo è quella nella quale è dipinta l'impiccagione di Aman, legato in catene e sospeso al patibolo. Un serpente velenoso, simbolo del male, si arrotola sul supporto. Al di sotto, un leone con due code - allegoria del popolo ebraico – regge tra le zampe uno scudo e assiste all'esecuzione. La megillah della collezione Braginsky è una di tre rotoli simili tedeschi che contengono delle speciali immagini dell'impiccagione di Aman. Delle iscrizioni sui pannelli di apertura e di chiusura di questo rotolo indicano che era posseduto da Berel, figli di Abraham Neumark di Amburgo.
Online dal: 22.03.2017
La pergamena (su cinque membrane con 13 colonne di testo) è introdotta da un impressionante disco solare circondato dai segni dello zodiaco. Il mese di Adar è particolarmente sottolineato, poiché è in questo mese, che è sotto il segno dei Pesci, che avvenne lo sterminio degli ebrei. Ogni colonna inizia, se possibile, con la parola ha-melech (il re), che da un lato significa re Assuero, ma è anche un'allusione al Dio mai esplicitamente menzionato e onnipresente. La custodia d'argento, databile al 1800 ca., è coronata da un mazzo di fiori e foglie, un motivo che si ritrova anche su accessori della Torah (rimmonim) e altri oggetti ebraici in metallo dell'Impero Ottomano.
Online dal: 08.10.2020
Realizzato all'inizio del XX secolo, questo rotolo di Ester (su sei membrane con 35 colonne di testo) potrebbe essere considerato come un tentativo di creare, incorporando elementi orientali e dell'Art Nouveau, uno stile nazionale ebraico. L'origine potrebbe quindi collocarsi a Gerusalemme, anche se si potrebbero considerare anche altri centri dell'Impero Ottomano. La custodia in avorio è finemente scolpita. La megillah è stata dipinta con vivaci colori e contiene dei motivi floreali, come sovente si trovano nei manoscritti orientali.
Online dal: 08.10.2020
Il programma decorativo di questo rotolo di Ester (su quattro membrane con 16 colonne di testo) è stato ripreso dalla cornice a stampa della megillah della collezione Braginsky (S25). Le benedizioni all'inizio del rotolo sono circondate da figure ed episodi narrativi: sopra Assuero ed Ester sul trono affiancati dai cortigiani, sotto a destra i cospiratori e a sinistra Aman sulla forca, al di sotto Mardocheo presso la porta del palazzo e a sinistra Ester e Mardocheo che redigono le lettere con gli ordini per la festa del Purim. La custodia esagonale d'argento cesellato fu realizzata nel 1806 e apparteneva al rabbino Ephraim Fischel di Rozdol, nella Galizia orientale.
Online dal: 08.10.2020
Questo rotolo contiene una delle più raffinate serie di illustrazioni che si trovano nelle megillot illustrate. Wolf Leib Katz Poppers, artista molto dotato, ha eseguito detttagliatamente delle figure, delle scene e degli animali, con dei delicati tratti di penna paralleli e incrociati, creando un effetto straordinariamente simile alle incisioni in rame dei libri contemporanei. Collocati tra un bordo vegetale con animali in alto ed uno simile con uccelli in basso, le colonne di testo sono intercalate da otto eleganti personaggi tratti dalla storia di Ester che occupano l'intera altezza. Al di sotto di ognuna di queste figure trova posto una piccola vignetta che racconta la storia di Purim. E' inusuale che le figure abilmente disegnate che abbelliscono questo rotolo siano abbigliate con abiti di corte ottomani. La scelta di questo tipo di abbigliamento è intrigante e la ragione più convincente per questa scelta è che il rotolo venne prodotto per un membro di una piccola ma influente comunità di ebrei turchi alla quale, dopo il 1718, venne permesso di vivere e di commerciare liberamente a Vienna, rimanendo tuttavia cittadini del Sultano di Turchia.
Online dal: 13.10.2016
Questo rotolo di Ester, che riunisce in una maniera speciale la tradizione indiana e quella occidentale, contiene venti pannelli elaboratamente decorati, che fiancheggiano le sezioni del testo. Il lettore è raffigurato affiancato da uomini con il fez e da bambini con il tamburo con il quale viene scandito il nome di Aman. In una sezione separata con la scritta ezrat nashim (sezione femminile) trovano posto cinque donne. Le figure nel rotolo sono raffigurate in un miscuglio di abbigliamento contemporaneo occidentale e indiano, in interni che spesso mostrano la stessa mescolanza. Alcune delle figure femminili, tra le quali Esther, portano il segno induista bindi sulla fronte. Questo rotolo proviene dalla collezione dell'importante famiglia ebraica proveniente da Bagdad dei Sassoon, e era probabilmente destinata ad un uso privato. La mescolanza di tradizioni calligrafiche ebraiche e forme artistiche indiane, rispecchia il profondo radicamento della famiglia Sassoon nella vita culturale indiana.
Online dal: 20.12.2016
Questa megillah manoscritta e con una cornice stampata e dipinta a mano (tipo: «Gaster I» su tre membrane con 19 colonne di testo), realizzata a Venezia, può essere datata intorno al 1675 grazie ad altri rotoli di Ester quasi simili e datati. Questa tecnica apparve a Roma alla fine del XVI secolo e fu poi, soprattutto nel XVIII secolo, ampiamente utilizzata a Venezia e ad Amsterdam. Nei cartigli polilobati, posti al di sopra e al di sotto del testo, sono rappresentate delle scene tratte dal Libro di Ester.
Online dal: 08.10.2020
A differenza della maggior parte dei rotoli di Ester, nei primi due campi decorativi viene qui sottolineata l'importanza centrale di Mardocheo. In lettere rosso porpora è dapprima scritto «La megillah della regina Ester e l'ebreo Mardocheo», e in seguito, in lettere arancioni «Nella cittadella di Susa c'era un Giudeo chiamato Mardocheo, figlio di Iair, figlio di Simei, figlio di Kis» (Ester 2.5). Questa genealogia viene riportata sui bordi in alto e in basso dell'intera pergamena fino ad Abramo. Fa poi seguito la successione genealogica dell'avversario Aman, che è stata ripresa dal Targum rischon, la traduzione aramaica del testo originale ebraico.
Online dal: 08.10.2020
I decori a silhouette sono tipici dei rotoli Ester di Ancona e Lugo. Questi si trovano anche su ketubbot (vedi K96 e K105) e su altri fogli d'apparato. Nella silhouette superiore di questa megillah (su tre fogli con 12 colonne di testo) si trovano dei pavoni, farfalle e cervi intrecciati negli ornamenti floreali, nei viticci e negli ornamenti a traliccio; nella parte inferiore sono raffigurati i segni dello zodiaco. Il rotolo di legno tornito è alto 54.8 cm.
Online dal: 08.10.2020
La parte introduttiva di questa megillah (su 4 membrane con 34 colonne di testo) mostra un leone rampante con un ramo di palma, circondato da quattro uccelli e da insetti. Al di sopra un'iscrizione riporta il nome del possibile primo proprietario «Salomon Marinozzi». Alla sua destra è stato probabilmente aggiunto più tardi un cartiglio con una nota di possesso del figlio: «Questo rotolo appartiene a Mardocheo, figlio di Salomone Marinozzi, sia benedetta la sua memoria, e fu acquistato da Salomone [...] nel 1652».
Online dal: 10.12.2020
Influenzata dalla cultura islamica dell'Africa del nord, questa megillah (su tre membrane con 19 colonne di testo) rinuncia alle rappresentazioni figurative e utilizza il linguaggio formale dell'arte islamica con i suoi molteplici ornamenti. Il testo è decorato da un'arcata che si estende lungo tutto il rotolo. La decorazione è vicina ad alcune ketubbot della città di Meknès in Marocco.
Online dal: 10.12.2020
Il testo su questo rotolo di Ester (su 5 membrane con 42 colonne di testo) è scritto su colonne insolitamente strette, inserite in cornici dorate su uno sfondo verdastro. La custodia esagonale in argento fuso, cesellato, inciso e granulato reca i marchi in argento della città di Roma e di Giovanni Battista Sabatini, da lui utilizzati dal 1778 al 1780. Le iniziali alef, resch e samech si riferiscono al committente e al proprietario. Eccezionale che in questo caso si sia conservato il set completo originale costituito dal rotolo, dalla custodia e dalla custodia in pelle.
Online dal: 10.12.2020
Il calligrafo e artista Arje Leib ben Daniel, che ha creato questa megillah (su tre membrane con 12 colonne di testo e un foglio separato con le benedizioni), era originario di Gorai presso Zamość nella Piccola Polonia. In totale si conservano 28 sue megillot, delle quali otto sono da lui firmate e datate. Questo rotolo, cosiddetto ha-melech perché ogni singola colonna inizia con ha-melech («il Re»), fu creato a Venezia nel 1748 con il disegno alla seppia tipico di Leib ben Daniel. Sono inoltre evidenti gli influssi del tipo di cornici di Salom Italia e dell'arte popolare dell'Europa orientale. Il nome dell'artista nell'iscrizione è stato in seguito sostituito con quello di Giuda Capsuto, che offrì il rotolo ad Ephraim Isacco Capsuto come dono di Purim.
Online dal: 10.12.2020
L'opera è datata Venezia, 3 Adar 5324 (15 febbraio 1564) ed è quindi il primo esempio datato di un rotolo di Ester interamente illustrato. È stato realizzato da Stellina e quindi costituisce l'unica megillah di epoca moderna che sappiamo essere stata creata da una donna. La pergamena inizia con le benedizioni, cui fa seguito il testo collocato tra le arcate. Le colonne di testo sono affiancate da cariatidi che reggono sulla testa vasi antichi, urne o lampade a olio. Nella settima, tredicesima e diciannovesima arcata, le cariatidi sono sostituite da un satiro e una figura femminile con zampe animali. Tutte le illustrazioni contengono lumeggiature d'orate. Stile e motivi corrispondono al linguaggio pittorico del contemporaneo manierismo.
Online dal: 10.12.2020
L'armoriale di Zurigo in pergamena è uno dei più eccezionali ed importanti documenti dell'eraldica medievale. Consiste oggi in quattro parti di diversa lunghezza, che possono essere riuniti in un rotolo lungo quattro metri. Vi sono riprodotti su entrambi i lati 559 blasoni - ognuno sormontato da un cimiero - dell'alta e bassa aristocrazia in prevalenza del nord della Svizzera, della Germania meridionale e dell'Austria occidentale, il cui nome è iscritto a lato dello scudo. Vi sono aggiunte 28 bandiere di vescovadi e di abbazie tedesche. La sequenza delle quattro parti rimaste, costituite a loro volta da 13 strisce di pergamena cucite insieme, è la seguente: la parte nr. 1 (36.5 cm) contiene sul verso gli stemmi dei vescovadi e delle abbazie (numerazione Merz-Hägi: I-XXVIII; la numerazione nell'originale risale al XVI-XVII secolo) e sul recto 22 blasoni di nobili. Le parti nr. 2 e nr. 3 (255.5 cm) erano ancora cucite assieme nel 1930. La parte nr. 2, costituita da quattro fogli di pergamena, contiene sul recto i blasoni 23-104 e 108-114 e sul verso i blasoni 214-220, 224-308. La parte nr. 3, costituita da tre fogli di pergamena cuciti, contiene sul recto gli stemmi 105-107, 115-162 e sul verso gli stemmi 163-213, 221-223. La quarta parte (109 cm) – cinque pergamene cucite assieme – contiene sul recto gli stemmi 309-378 e sul verso gli stemmi 379-450. L'armoriale è incompleto. La quarta parte mancante doveva contenere altri 109 blasoni oggi conosciuti attraverso una copia della fine del XVIII secolo. Fu probabilmente realizzato a Zurigo o nella regione del lago di Costanza e la sua datazione viene collocata tra il 1330 e il 1345. Lo stile di esecuzione è molto vicino a quello del Codex Manesse, una raccolta di poesie cortesi in lingua tedesca accompagnate da 137 miniature, dipinto a Zurigo e di poco anteriore. Prima di essere depositato presso il Museo Nazionale Svizzero dalla Società antiquaria della città, fu in possesso dello storico e naturalista zurighese Jacob Scheuchzer (1672-1733).
Online dal: 18.12.2014
Piccolo Libro d'Ore in latino, molto rifilato, contenente i Sette salmi, il Cursus beate virginis Marie, l'Ufficio dei Morti, il Cursus de passione Domini e varie orazioni. La decorazione è costituita da varie iniziali con tralci vegetali e da una miniatura a piena pagina (5v) - purtroppo in parte rovinata - raffigurante l'Ecce homo davanti al quale è inginocchiato il donatore, accompagnato a destra dal suo stemma. L'accenno ad indulgenze emanate dai papi Gregorio e Calisto III (1455-1458) (f. 139) permette di restringere la datazione alla seconda metà del XV secolo, mentre lo stile della decorazione rimanda ad un'origine nella Germania meridionale, forse ad Augsburg, nella cerchia del miniatore Johannes Bämler.
Online dal: 23.06.2014
Il rituale proviene dal convento di Münsterlingen (Turgovia); contiene una serie di preghiere e canti che le monache dovevano recitare in processione nel chiostro del convento ed un lungo ufficio (54v-72v) da recitare in occasione della sepoltura di una conventuale, introdotto da una miniatura raffiugurante s. Michele che pesa l'anima della morta. Le rubriche sono in parte in tedesco e in parte in latino. Sulla base dello stile delle tre iniziali presenti, e di confronti con la pittura su tavola, la realizzazione del codice viene attribuita alla regione di Costanza. Nel corso di un restauro eseguito intorno al 1973, sono stati staccati i due fogli in pergamena originariamente incollati all'interno della legatura e provenienti da un lezionario in minuscola precarolina databile all'inizio del IX secolo (Mohlberg: XI sec.).
Online dal: 09.04.2014
Breviario in due volumi realizzato nel 1493 per Jost von Silenen († 1498), vescovo di Sion dal 1482 fino alla sua deposizione nel 1497. Riccamente decorato, le miniature sono opera di un artista itinerante attivo negli ultimi decenni del XV secolo a Friburgo, Berna e Sion, dove è conosciuto con il nome di Miniatore del breviario di Jost von Silenen, e all'inizio del XVI secolo ad Aosta e Ivrea, dove assume il nome di Miniatore di Giorgio di Challant.
Online dal: 20.12.2016
Breviario in due volumi realizzato nel 1493 per Jost von Silenen († 1498), vescovo di Sion dal 1482 fino alla sua deposizione nel 1497. Riccamente decorato, le miniature sono opera di un artista itinerante attivo negli ultimi decenni del XV secolo a Friburgo, Berna e Sion, dove è conosciuto con il nome di Miniatore del breviario di Jost von Silenen, e all'inizio del XVI secolo ad Aosta e Ivrea, dove assume il nome di Miniatore di Giorgio di Challant.
Online dal: 20.12.2016
Frammento di un documento ufficiale della Repubblica di Venezia, contenente una pagina miniata e parte dell'indice della Commissione di Cristoforo Duodo, procuratore di San Marco de ultra dal 1491 al 1496. I procuratori erano la più alta carica della Serenissima dopo il doge e alla loro elezione facevano redigere dei Capitolari, in genere miniati, contenenti il loro giuramento e le liste delle commissioni, e cioè degli specifici doveri cui avevano giurato di obbedire. Questo frammento si aggiunge alla 21 commissioni di procuratori veneziani risalenti al sec. XV rimaste, tra le quali si distingue per la miniatura, da attribuire a un maestro veneziano di buon livello formatosi nell'ambito di Leonardo Bellini, e per la rara presenza della raffigurazione del Santo onomastico non solo del procuratore ma anche della moglie.
Online dal: 20.12.2016
Il graduale proveniente dal convento delle domenicane di Katharinental rappresenta una delle più importanti opere d'arte di epoca gotica della Svizzera. Allestito intorno al 1312 nel convento stesso, venne probabilmente decorato nell'area del lago di Costanza. Contiene più di 80 iniziali filigranate, più di 60 iniziali miniate istoriate e 5 iniziali I il cui corpo è costituito da vari medaglioni istoriati. Di ulteriori due iniziali I, i cui medaglioni sono stati ritagliati e venduti separatamente, si conoscono alcuni elementi ora dispersi in vari musei e biblioteche. Accanto alle iniziali, o nei fregi vegetali, sono raffigurate numerose domenicane inginocchiate e oranti, o altri donatori laici (per es. 3v, 18v, 90r, 159v, 161r etc.). Fino al XIX secolo in uso nel convento, intorno al 1820 venne ceduto ad un antiquario di Costanza, Franz Joseph Aloys Castell (1796-1844). Dopo il 1860 appartenne ai collezionisti inglesi Sir William Amherst of Hackney e Sir Charles Dyson Perrins (1864-1958). Alla morte di quest'ultimo la sua raccolta libraria venne messa in vendita da Sotheby e il manoscritto acquistato dalla Confederazione svizzera con il contributo della Fondazione Gottfried Keller e del Canton Turgovia.
Online dal: 22.03.2017
Frammento proveniente dal f. 158a verso del graduale di St. Katharinental, sottratto nel XIX secolo e le cui miniature furono vendute separatamente. Nella iniziale A è rappresentato Cristo benedicente e Giovanni evangelista che gli appoggia la testa nel grembo; ai loro piedi è inginocchiato un domenicano orante, e nel fregio laterale una domenicana. Al di sotto dell'iniziale vi era un riquadro (ora Zurigo, Museo nazionale svizzero, LM 29329.2) nel quale è dipinta la Madonna dell'Apocalisse accompagnata da Giovanni evangelista, mentre in due arcate sottostanti pregano inginocchiate due domenicane. Originariamente sullo stesso foglio figurava inoltre una iniziale V (ora Vienna, Graphische Sammlung Albertina, Inv. Nr. 32434) con una complessa rappresentazione della Maiestas Domini e il Giudizio universale. Il frammento appartiene alla Confederazione svizzera, alla Fondazione Gottfried Keller e al Canton Turgovia.
Online dal: 22.03.2017
Uno di sei fogli in pergamena provenienti da un Libro d'Ore, scritto in bastarda e databile alla seconda metà del XV secolo. Presenta delle iniziali miniate in oro su campo blu o rosa alternato, da cui si diparte nel margine un racemo a penna con fogliette trilobate. Uno dei frammenti (nr. 5) contiene una parte delle litanie dei santi.
Online dal: 23.06.2016
Uno di sei fogli in pergamena provenienti da un Libro d'Ore, scritto in bastarda e databile alla seconda metà del XV secolo. Presenta delle iniziali miniate in oro su campo blu o rosa alternato, da cui si diparte nel margine un racemo a penna con fogliette trilobate. Uno dei frammenti (nr. 5) contiene una parte delle litanie dei santi.
Online dal: 23.06.2016
Uno di sei fogli in pergamena provenienti da un Libro d'Ore, scritto in bastarda e databile alla seconda metà del XV secolo. Presenta delle iniziali miniate in oro su campo blu o rosa alternato, da cui si diparte nel margine un racemo a penna con fogliette trilobate. Uno dei frammenti (nr. 5) contiene una parte delle litanie dei santi.
Online dal: 23.06.2016
Uno di sei fogli in pergamena provenienti da un Libro d'Ore, scritto in bastarda e databile alla seconda metà del XV secolo. Presenta delle iniziali miniate in oro su campo blu o rosa alternato, da cui si diparte nel margine un racemo a penna con fogliette trilobate. Uno dei frammenti (nr. 5) contiene una parte delle litanie dei santi.
Online dal: 23.06.2016
Uno di sei fogli in pergamena provenienti da un Libro d'Ore, scritto in bastarda e databile alla seconda metà del XV secolo. Presenta delle iniziali miniate in oro su campo blu o rosa alternato, da cui si diparte nel margine un racemo a penna con fogliette trilobate. Questo frammento contiene una parte delle litanie dei santi.
Online dal: 23.06.2016
Uno di sei fogli in pergamena provenienti da un Libro d'Ore, scritto in bastarda e databile alla seconda metà del XV secolo. Presenta delle iniziali miniate in oro su campo blu o rosa alternato, da cui si diparte nel margine un racemo a penna con fogliette trilobate. Uno dei frammenti (nr. 5) contiene una parte delle litanie dei santi.
Online dal: 23.06.2016
Frammento pergamenaceo proveniente da un Libro d'ore di origine francese e contenente una parte dell'Ufficio della Vergine.
Online dal: 23.06.2016
Foglio di un calendario (mese di gennaio diviso su due pagine) proveniente da un manoscritto liturgico di piccolo formato, probabilmente un breviario. La presenza nel calendario all'11 gennaio della festa obitus Tercii regis. Duplex, che ricorda i tre re magi, fa pensare ad un calendario all'uso della diocesi di Colonia. La decorazione si ispira alla miniatura italiana (padovana-ferrarese) in uso nella seconda metà del XV secolo.
Online dal: 23.06.2016
Il libro di famiglia dei signori di Hallwil, conosciuto anche come Turnierbuch, è una raccolta di cronache di famiglia, raffigurazioni di tornei e di stemmi. Scritto su carta nella seconda metà del sec. XVI, sostituisce probabilmente un esemplare più antico. All'interno della coperta anteriore si trovano gli stemmi di Burkhart von Hallwil e delle due mogli Judith von Anwil e Margaretha von Löwenberg. Alle pp. 4-10 è trascritta una versione tarda del racconto Ring von Hallwil, una saga riguardante i pericoli e la relativa salvaguardia dell'eredità degli Hallwil. Seguono, alle pp. 11-17, testi riguardanti la storia della famiglia ed una seconda versione, più antica, del racconto Ring von Hallwil (pp. 19-21). Ad una serie di pagine bianche fanno seguito sei stemmi vuoti (pp. 48-50) che erano stati preparati per i tre fratelli Thüring I. von Hallwil († 1386) e Katharina von Wolfurt, Walter V. († dopo il 1370) e Herzlaude von Tengen, "Hemann" (Johannes IV., † 1386) e Anna vom Hus. A p. 51 si vede una veduta della sede della famiglia ad Hallwil. Seguono ritratti di Caspar (p. 54) e Burkhart von Hallwil (p. 55), scene di torneo (pp. 56-59) e raffigurazioni inerenti la saga del Ring von Hallwil (pp. 60-66). Alla fine del manoscritto altri stemmi dei signori di Hallwil e delle consorti (pp. 68-96), gli ultimi solo disegnati a matita ma non completati (pp. 97-118). Il manscritto è stato donato al Museo Nazionale Svizzero nel 1907 dal conte Walther von Hallwil - ultimo abitante del castello - e dalla moglie Wilhelmine. Una seconda versione si conserva nella Biblioteca universitaria di Basilea (Ms. H I 10).
Online dal: 09.04.2014
Una delle due più antiche trascrizioni (XV secolo) dei “Nüwe casus monasterii Sancti Galli”, composta da Christian Kuchimaister intorno al 1335. Cittadino sangallese, Kuchimaister ripercorre la storia del monastero di San Gallo (aggiungendo anche dettagli sulla storia della città) dal 1228 al 1329. L'opera è una delle più importanti fonti della storia dell'area del Bodensee tra il XIII e gli inizi del XIV.
Online dal: 20.12.2007
La "Historienbibel" riccamente illustrata, proveniente dall'atelier di Diebold Lauber, appartiene alla redazione IIa del testo (secondo Vollmer). Contiene per il Vecchio Testamento una versione in prosa della Weltchronik di Rudolf von Ems (con la continuazione veterotestamentaria) e per il Nuovo Testamento una versione della Marienlebens del Bruder Philipp. Il ciclo delle illustrazioni, più ricco rispetto a quello di manoscritti analoghi, va attribuito al miniatore del gruppo A attivo nell'atelier di Lauber intorno al 1430.
Online dal: 09.04.2014
Il Passionarius maior sangallese, collezione di 92 leggende di santi composta da monaci sangallesi all'incirca nel 900 e corredata di annotazioni e glosse dei monaci sangallesi Notkero Balbulo († 912) ed Eccardo IV († 1060 circa).
Online dal: 26.04.2007
Il cosiddetto «Zürcher Psalter» (Salterio di Zurigo) o «St. Galler Psalter» (Salterio di San Gallo), trascritto nello scrittorio del monastero di San Gallo, decorato con numerose iniziali e con le miniature più antiche e raffinate rinvenute nei manoscritti sangallesi (anni 820/830 circa). Include anche una Litania dei santi, tavole computistiche e diagrammi. Codice che i monaci utilizzavano quotidianamente per la liturgia delle ore.
Online dal: 26.04.2007
Versione incompleta di un sontuoso lezionario con esegesi delle Lettere e dei Vangeli per l'intero anno ecclesiastico, scritto e decorato con iniziali eccezionali da un contemporaneo di Sintram nel monastero di San Gallo (c. 900/910).
Online dal: 26.04.2007
Splendido lezionario proveniente dall'Abbazia di San Gallo, trascritto e decorato con numerose magnifiche iniziali intorno al 900/910 da un contemporaneo del celebre copista sangallese Sintram; si tratta dello stesso copista che trascrisse e miniò il manoscritto Ms. C 60 della Zentralbibliothek di Zurigo. Conosciuto come «Liber Comitis», contiene il ciclo liturgico annuale delle letture tratte dalle Lettere e dai Vangeli.
Online dal: 26.04.2007
Codice miscellaneo proveniente dal monastero di San Gallo; preserva una varietà di testi per lo più brevi dei secoli IX-XV. Contiene anche, tra altri testi del IX secolo, l'unica versione dell'epopea di Carlo Magno di Aquisgrana (o di Paderborn), composta in occasione dell'incontro, avvenuto nel 799, tra Carlo Magno e papa Leone III. Contiene inoltre: l'unico esemplare dei cosiddetti «Carmina Sangallensia» (versi sui dipinti a muro dell'ex Gallusmünster – chiesa di San Gallo –, nel monastero di San Gallo); trattati teologico-canonici e sermoni dei secoli XIV-XV.
Online dal: 20.12.2007
Questa copia elegantemente miniata del Sefer Moreh Nevukhim (Guida per gli smarriti) di Mosè Maimonide (1135-1204) fu realizzata nella Spagna cristiana nel 1292. È una copia della traduzione in ebraico del 1204 di Samuel ben Judah Ibn Tibbon (1150-1230). Il manoscritto arrivò in Italia o dopo la persecuzione degli ebrei nel 1391 o dopo la loro espulsione dalla penisola iberica nel 1492. Apparteneva alla famosa famiglia Sforno di Bologna, prima di riapparire nel XVII secolo nelle mani dell'apostata e inquisitore ebreo italiano Renato da Modena. Dopo più di un secolo, il manoscritto entrò in possesso del teologo protestante Johann Caspar Ulrich (1705-1768), che lo donò nel 1762 alla Bibliotheca Ecclesia Carolina, la biblioteca del capitolo della Chiesa riformata del Grossmünster di Zurigo. Nel 1835, quando il capitolo fu sciolto, i libri e i manoscritti della sua biblioteca, insieme ad altri, formarono la nuova Zentralbibliothek, dove il manoscritto è tuttora conservato.
Online dal: 19.03.2020
Mahzor per il Rosh ha-Shana e lo Yom Kippur secondo il rito aschenazita magnificamente miniato. Si può supporre che questo manoscritto sia stato prodotto in Polonia nel XIV secolo perché la sua scrittura assomiglia a dei frammenti manoscritti contemporanei di mahzorim realizzati in Polonia. Questo manoscritto di medio formato, contenente molte parole iniziali ornate e riquadri miniati, contiene la liturgia per le Grandi Festività del Rosh ha-Shanah e dello Yom Kippur, compresi numerosi poemi liturgici (piyyutim) suddivisi su varie colonne, e era destinato ad un uso pubblico da parte dell'officiante (hazan) nella sinagoga. La particolarità di questo mahzor consiste però nella presenza del nome di una donna, גננא כהנת (Jeanne Kohenet), inserito nelle lettere dipinte di una parola iniziale monumentale e ornata. Si tratta probabilmente del committente del manoscritto, o la figlia o la moglie di un cohen. Il manoscritto è incompleto all'inizio e alla fine.
Online dal: 10.12.2020
Raccolta di testi biblici ed etici miniata, prodotta in Italia nel 1322. Questo manoscritto di piccolo formato, con una bella rilegatura in pelle bianca del XVI secolo con impresso lo stemma della città di Zurigo, è suddiviso in due gruppi di testi. La prima sezione è costituita dai testi biblici dei Cinque Megillot, accompagnati da tre commenti su di essi composti dai grandi esegeti medievali, Salomone ben Isacco (Rashi), Abramo ibn Esdra e Giuseppe Kara. La seconda sezione è di natura etica e contiene il trattato della Mishnah di Pirqei Avot o «Etica dei Padri» e i suoi commenti. Il primo è anonimo, il secondo di Maimonide si intitola Shemonah Peraqim secondo la traduzione di Samuel ibn Tibbon, e il terzo è un commento di Rashi posto nei margini di quest'ultimo. Inoltre, in questo manuale si trova molto materiale haggadico, midrashico, mistico e filosofico.
Online dal: 10.12.2020
Il manoscritto riccamente illustrato della «Weltchronik» (Cronaca universale) di Rudolf von Ems fu scritto negli anni intorno al 1340, probabilmente a Zurigo (nello stesso atelier del libro degli statuti di Grossmünster del 1346). Il programma figurativo è strettamente legato al manoscritto della Cronaca universale ora conservata a San Gallo (Vadianische Sammlung Ms. 302), anch'essa creata circa 40 anni prima a Zurigo. Il manoscritto Ms. Rh. 15 è giunto a Zurigo nel 1863 dalla soppressa biblioteca del monastero di Rheinau.
Online dal: 29.03.2019
Il salterio di Rheinau, Ms. Rh. 167, costituisce uno dei tesori più straordinari della Biblioteca centrale di Zurigo. Le miniature sono un prodotto di altissimo livello della pittura gotica dell'epoca intorno al 1260, cosa che vale anche per l'utilizzo di una raffinata tecnica per la preparazione dei colori e la loro stesura. La scrittura, al contrario, è certamente di buona qualità ma non può essere attribuita al più alto livello dell'arte calligrafica. Il committente va cercato nella regione del lago Bodanico, probabilmente nella città di Costanza, molto importante politicamente ed ecclesiasticamente durante l'epoca dell'interregno. Il manoscritto venne acquisito a Sciaffusa nel 1817 da Melchior Kirchhofer per il monastero benedettino di Rheinau, e nel 1863 giunse con la biblioteca di questo monastero alla Biblioteca Cantonale (ora Biblioteca Centrale) di Zurigo.
Online dal: 20.12.2012
Complessivamente 23 fogli di un ex legendario da Fulda, originariamente composto di sei volumi, commissionato nel 1156 da Rugger, monaco nel monastero di Frauenberg a Fulda (dal 1176 al 1177 abate di Fulda col nome Ruggero II). Nelle sue parti principali si deve probabilmente alla mano di Eberhard di Fulda e nella decorazione ricorda da vicino il Codex Eberhardi (Marburg, Hessisches Staatsarchiv K 425 e K 426). L'entità della raccolta può essere stimata sulla base delle numerazioni presenti negli indici che sono rimasti e negli Incipit delle originarie 500 vite e passioni. L'opera testimonia così non solo gli sforzi di riforma economica, ma anche spirituale e culturale dell'abate di Fulda Markward (1150-1165) e costituisce allo stesso tempo il più settentrionale e probabilmente il primo legendario della Germania meridionale in cinque e sei volumi del XII secolo tramandatoci. In seguito costituì il modello (indiretto) per il nucleo principale dei testi della grande legendario di Böddeken e attraverso questo rimase determinante per gli Acta Sanctorum dei Bollandisi e fino ai tempi moderni. Il monumentale legendario di Fulda venne utilizzato in loco ancora fino alla metà del XVI secolo da Georg Witzel (1501-1573) sia per il suo Hagiologium seu de sanctis ecclesiae (Mainz 1541) che per il suo Chorus sanctorum omnium. Zwelff Bücher Historien Aller Heiligen Gottes (Köln 1554). A Basilea, Soletta, Norimberga e Stoccarda sono conservati frammenti del terzo, quarto e sesto volume. Essi mostrano che almeno il terzo (maggio-giugno) e il sesto volume (novembre-dicembre) giunsero poco dopo a Basilea, dove apparentemente sarebbero stati usati come maculatura intorno al 1580.
Online dal: 13.06.2019
La Eidgenössische Chronik di Werner Schodoler (1490-1541) è l'ultima in ordine cronologico delle cronache illustrate svizzere del tardo medioevo. La sua redazione venne intrapresa a titolo privato tra il 1510 ed il 1535 prendendo a modello soprattutto la cronaca di Berna - Amtliche Berner Chronik - di Diebold Schilling e la cronaca - Kronica - di Petermann Etterlin. Questo volume, il primo di tre volumi della cronaca, contiene la storia dalle origini leggendarie di Zurigo e Lucerna fino alla fuga da Costanza dell'antipapa Giovanni XXIII (1415). Nonostante lo spazio lasciato libero, le illustrazioni – tranne quella a (c. 12v) - non sono state eseguite. I tre volumi si trovano ora in tre diverse biblioteche: il primo nella Leopold-Sophien-Bibliothek di Überlingen, il secondo nell'Archivio della Città di Bremgarten ed il terzo nella Biblioteca cantonale di Aarau.
Online dal: 20.12.2012